Monza – F. è un teenager, un ragazzo solare, pieno di energie, determinato a non cedere neanche un secondo della sua vita alla banalità. F. non guarda il calcio, anzi proprio non gli piace. F. ha appena subito il trapianto di midollo. È chiuso in una stanza del Centro Maria Letizia Verga da molte settimane e i medici non hanno ancora stabilito quando potrà uscire da questo spazio di 3 metri x 3.
Oggi è il giorno dell’allenamento di calcio ed è il suo turno. Solitamente F. ci accoglie in stanza con grande entusiasmo. Ma all’apertura della porta, si respira nervosismo. F. ha raggiunto il limite di sopportazione di questa piccola stanza e ci tiene a farcelo sapere subito… Nonostante la stanchezza, l’attività inizia e si gioca a calcio in uno spazio minuscolo, con il disturbo dei fili attaccati a F. e con tutte le precauzioni necessarie. L’allenamento prosegue, tra giochi e pause frequenti, ma nella stanza numero 1 non si respira lo stesso entusiasmo di sempre.
Alla fine dell’allenamento, pronti per salutarlo, ci chiede se può giocare un pochino ancora. F. è arrabbiato e ha bisogno di sfogarsi. E allora cosa c’è di meglio che calciare una palla fortissima contro un muro? Il gioco diventa questo: F. inizia a calciare con tutta la sua forza, sembra quasi voglia rompere il muro e la porta di quella parete. Il rumore della palla che sbatte è alto e fa anche spaventare le infermiere di passaggio, ma lui continua, sempre più forte.
Finito questo momento di più o meno 100 secondi ci ringrazia: “grazie, ne avevo proprio bisogno”.
“grazie a te F.” rispondiamo noi, il team Sport Therapy dedicato al calcio.
La leucemia va combattuta un passo alla volta. A volte per fare questo passo c’è bisogno di prendere a calci il mondo, o meglio la palla…
05.12.2022