CAMERUN 2011 – Questo paese ha sempre qualcosa di particolare, ha sempre per me un valore, un gusto diverso rispetto a tutti gli altri africani. Sara’ forse per il fatto che e’ stato il mio primo paese del continente nero e, come si sa, il primo amore non si scorda mai, o per il fatto che e’ un posto che racchiude in se tutto il fascino, i colori, i suoni, le peculiarità di tutta l’Africa, al punto che e’ chiamato petite afrique. Fatto sta che nessun altro viaggio attraverso questo mondo assume per me un significato così intenso, come quello cui do forma qui, nel regno dei leoni d’Africa.
Meta del mio pellegrinaggio per il mondo in neroazzurro e’ oggi Bertoua, cinque ore di macchina a sud est di Yaounde, a poco più di 300 km dal confine con il Ciad, la repubblica centro africana e il Congo (…) Una città tranquilla, con poco più di centomila abitanti ufficiali e forse altrettanti ufficiosi, costruita strappando spazio alla foresta, alla terra rossa, viva, tipicamente camerunese, che pero’ incombe sulle strade e sulle case, pronta a riprendersi cio che l’uomo le ha ingiustamente sottratto; piena di moto taxi e, come ovunque quaggiù, di gente che cammina per strada. Chissà dove va sempre, a qualsiasi ora del giorno e della notte questa folla di gente, in marcia, lenta, ma costante.
Qui abbiam dato forma al corso di formazione per gli allenatori, che dovevano essere 20 e son divenuti 48, e agli allenamenti per i bambini, anch’essi in numero iniziale di 40 e poi magicamente trasformatisi in 150, per concludere il tutto con un mega torneo pensato per 150 bambini, diventati pero’ 350, con l’arrivo da tutte le nostre cellule del paese di squadre e quindi, di bambini.
Uno sciame di moto taxi, con le magliette del Centre Sportf Camerunais, un mini bus addobbato con bandiere e striscioni dell’Inter e tre bus strombazzanti mi segnalano la moltiplicazione ormai avvenuta dei partecipanti al torneo, tra urla, applausi e musica ad altissimo volume, lasciandomi tra il basito per l’improvviso cambiamento e la convinzione di non poter mai organizzare nulla in queste realtà, e l’emozionato per tutto quello cui stavo assistendo.
Quando poi i bus hanno aperto le porte, sputando sulla calda terra rossa centinaia di bimbi e di adulti che facevano a turno per salutarmi, per abbracciarmi, per farsi riconoscere e ricordami della loro amicizia, le emozioni hanno preso il sopravvento, facendomi dimenticare tutti i problemi, le difficoltà, il lavoro supplementare cui saremmo dovuti andare incontro!
Ecco, questa e’ una delle cose che più mi emoziona quando viaggio: sentirmi chiamare per nome, scambiare sguardi con occhi conosciuti, famigliari, pur lontani da me migliai di km, vivere quaggiù la sensazione di essere a casa, tra amici.
Ecco, forse questa e’ la cosa che più mi colpisce il cuore, nel mio pellegrinaggio neroazzurro…vedere bambini ai miei primi viaggi poco piu’ che seienni, capaci a stento di correre con un pallone tra i piedi, oggi grandi e grossi, con i primi peli sulla faccia nera come la pece, eppure sempre con indosso la medesima maglia. I vari Bebeto, Issa, Sabin, cresciuti con Inter Campus e oggi quasi uomini, o Gerard, un tempo bambino del nostro progetto, oggi allenatore, al suo primo corso di formazione, tutti legati indissolubilmente a quella maglia, tutti parte della stessa, enorme, mondiale, famiglia neroazzurra!
Gerard…lui e’ un successo di Inter Campus, senza alcun dubbio: originario di una famiglia poverissima residente ai margini di Yaounde’, in un quartiere periferico (popolato, a detta di Francis, solo da ladri e truffatori di ogni genere che di giorno si riversano nella capitale per racimolare a loro modo qualche spicciolo, per poi trovar rifugio notturno tra le baracche dove risiedono) ha iniziato a giocare con noi quando aveva otto anni, quando cioè il CSC ha aperto la cellula inter campus nel suo quartiere, coinvolgendo inizialmente 40 bambini. Da li, anno dopo anno, ha avuto la possibilità di giocare quotidianamente, seguito dagli allenatori/educatori del progetto, allontanandosi da quel futuro quasi certo, segnato, riservato ai bambini del suo quartiere, per diventare a sua volta un animatore del CSC prima, ed un nostro allenatore poi. Gerard, una vita con Inter Campus,una vita con la maglia neroazzurra! Una vita con nel cuore il mito della nostra squadra e con l’orgoglio di esserne parte.
Alberto Giacomini
08.09.2011