[Inter Campus Brasile, i soprannomi che raccontano storie]

PERNANBUCO – Nei nomi di ciascuno si nasconde una storia. Quella incontrata a Buenos Aires, paesino dall’insolito nome argentino in una zona dove l’albiceleste non è ai primi posti per popolarità calcistica, racconta non solo di un bambino, ma di un intero contesto socio-culturale.
Lucas è un ragazzo sui 12 anni, alto e con la faccia vispa. Ama non prendersi sul serio e giocando a palla invisibile, mostra le sue abilità nel palleggio. Sorride. Il suo nome è breve e facile da dire, lo stesso da tutti lo chiamano diversamente. Per gli amici lui è Caldo di Canna, il concentrato che si ricava dalla canna, che da queste parti domina panorama ed economia. Dalla sua lavorazione si ricavano bevande, viene raffinata per diventare zucchero o anche biocarburante, trasformandosi in etanolo.
Ci spiega che ha un banchetto in cui vende succhi, da qui il soprannome. I compagni pronunciano il suo nome velocissimo, basta una frazione di secondo. Per chi non è del posto, serve lo spelling per distinguere le parole. Ma quando gli attaccanti chiamano un passaggio filtrante diventa semplicemente Canna, per sorprendere le difese avversarie in modo ancora più rapido. Lui è contento e racconta con semplicità che dopo la scuola prepara da bere per chi ha sete, aiutando le finanze famigliari. Oggi però la concentrazione era sul campo di calcio – ha fatto due gol – ma per la prossima volta si parla già del terzo tempo al suo chiosco: neanche a dirlo, caldo di canna per tutti.

16.12.2024