[FOCUS CONGO: INTER CAMPUS AGLI OCCHI DEI PROTAGONISTI]

Fine 2010, un’onda incredibile di persone invade lo stadio Kibassa Maliba, del quartiere popolare della Kenya, a Lubumbashi.

Dall’alto della mia poltroncina, assisto a quello che è uno spettacolo difficile da raccontare, l’emozione di una vittoria e una marea umana si riversa per strada dirigendosi verso lo stadio per festeggiare la vittoria del Mazembe nella Coppa dei Campioni d’Africa.

Salgo velocemente sul primo pulmino che trovo e, senza neanche un posto a sedere, mi ritrovo travolto dalla spregiudicatezza dell’autista che deve imporsi alla folla per uscire dallo stadio, folla che si riversa per le strade di tutta la città in poco meno di dieci minuti, mamme, bambini, anziani, nonne e nipoti, tutti per strada. Ecco mi ricordo soprattutto le donne, acclamanti e imponenti, festeggiare la vittoria con vortici di danze.

Non lo sapevo ancora, ma quel giorno lì sarebbe nato il progetto Inter Campus a Lubumbashi.

Perché poi il Mazembe arrivò in finale con l’Inter e Inter Campus arrivò a Lubumbashi poco dopo, grazie alla “visione di gioco di squadra” della famiglia Moratti.

Il lavoro con gli allenatori, Alberto, Davide, Lorenzo, Dario, i tessitori Massimo e Paolo e la dinamicità di Bertin, Auguy, Jean-Luc, Jean e Maguy,  hanno fatto sì che questo progetto prendesse forma e sostanza col tempo e che la maglia dell’Inter diventasse finalmente patrimonio di tutti coloro che amano il calcio, non solo di talenti incredibili che hanno nel tocco di palla la loro arma segreta, ma anche di coloro che come me, non sanno come girarsi in un campo da calcio.

Si ha la sana e bellissima voglia  di giocare a pallone, di divertirsi insieme agli altri, di correre, di segnare, anche qui in Congo, in un posto dove il diritto al gioco dei bambini e delle bambine è negato, perché piccoli e piccole adulti.e devono già occuparsi di faccende di case, come portare a casa qualche soldo per arrivare a fine giornata.

La maglia dell’Inter, della mia squadra del cuore, in Congo diventa così un’arma potentissima per disinnescare le enormi frustrazioni che l’adolescenza congolese deve affrontare sin da subito.

E la parte più bella è il know how che viene trasmesso reciprocamente tra allenatori e partecipanti, ognuno di noi torna a casa, chi in Congo e chi in Italia, più ricco di saperi e sempre più convinto che alla fine sì, el mundo es un balon.

30.08.2019

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