Immense terre fertili, ma lasciate incolte per i tanti anni di guerra che hanno spinto la gente verso le grandi città; un paese ricchissimo, ma con ampie fasce di disagio sociale ed economico; tante meraviglie naturali, ma scarsissimo turismo. Una enorme produzione di petrolio ma – evidentemente – pochissimo asfalto, perché sulle strade tanto urbane che di campagna si trovano profondi “burracos” cioè buchi, ma dovremmo chiamarli voragini perché guai a finirci dentro, specie dopo che ha piovuto. E infine, il più grande paradosso: con tutte queste difficoltà, un popolo estremamente gioioso, vitale, accogliente, che ci fa sempre sentire a casa quando – due volte all’anno – veniamo a tenere il corso Inter Campus per i quasi sessanta allenatori locali e gli oltre ottocento bambini e bambine collegati al Polidesportivo Dom Bosco. Questa volta la delegazione italiana ha potuto effettuare una visita complessiva di tutte le cellule del progetto: da Benguela a Dondo e Calulo, ed infine le sei cellule urbane di Luanda, tutte attorno al quartiere della Lixeira (“la pattumiera”) dove operano i padri salesiani, come il nostro referente Padre William, brasiliano paulista, ma ormai adottato dal Paese africano. Anche lui ci conferma il valore dell’attività nerazzurra per tutte queste realtà coinvolte, supportando il lavoro educativo con lo sport. Un modo, il nostro, di appianare i contrasti attraverso il gioco del calcio.
27.01.2020