[Inter Campus Venezuela, una ricchezza che viene dal cielo]

La strada impolverata costeggia il lato lungo del campo di San Isidro; dalla parte opposta prosegue scoscesa la montagna fermandosi solo diverse centinaia di metri più in basso, in quella che, di fatto, è una discarica a cielo aperto. Dietro le porte da gioco, una manciata di case, fatte di cemento e lamiere.

Il primo allenamento si svolge con tanta foga ed entusiasmo, sotto un sole a tratti molto caldo. Il clima è tranquillo. Come spesso accade in Sud America, però, l’afa porta il temporale e le nubi si addensano rapide sopra le nostre teste. Alle prime gocce, tutti i bambini si ritirano: alberi e tettoie offrono un riparo provvisorio, ma sufficiente all’attesa. Istintivamente li seguiamo, senza capire bene il perché. Ci ritroviamo così spiaccicati contro un muro di mattoni per evitare di bagnarci, proprio sull’ingresso di casa della signora Rosa. Guardando il campo che si allaga, ci racconta che non ha nipoti tra i ragazzi di Inter Campus, ma si sente ugualmente nonna dei tanti bambini che ogni giorno riempiono i suoi pomeriggi di gioia venendosi ad allenare davanti alle sue finestre.

‘I miei figli sono cresciuti, ormai vivono lontano. Tutti questi bambini però rallegrano le mie giornate, le loro grida pomeridiane sono la speranza per un futuro migliore’. Mentre parla entra ed esce di casa, disponendo dei grossi bidoni bianchi e azzurri fuori dall’uscio. ‘Il campo non si può usare quando piove, perché il materiale sintetico usato dalla prefettura, insieme alle recinzioni in ferro, attirano i fulmini’. Ci raggiunge Mario, allenatore locale e punto di riferimento del quartiere da oltre 30 anni, che chiede a Rosa del caffè aspettando che spiova, lasciando trasparire una consuetudine amichevole. ‘La cisterna con l’acqua potabile non passa da giorni Mario. Non appena il cielo riempirà i nostri barili – ecco a cosa servivano – prepareremo il miglior caffè del Venezuela!’

In un contesto tanto difficile, approfittiamo dell’acquazzone per ascoltare le storie della comunità, ognuna diversa e a suo modo stupefacente. Ci rendiamo conto di essere una goccia in un bidone molto più grande di quelli di Rosa, eppure come lei, con pazienza e convinzione, non vediamo l’ora di assaggiare il futuro che ci aspetta.

30.10.2017

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