[In campo coi mister di Teheran]

Marchio di fabbrica di Inter Campus è l’agilità di adattamento: a volte arrangiandosi con soluzioni improvvisate, altre affrontando situazioni nuove con spirito d’iniziativa. Soprattutto in fase di riapertura di un progetto, bisogna calarsi nel contesto e trovare l’empatia corretta con i referenti locali per iniziare da subito un percorso di crescita condiviso. Bisogna portare ordine e metodo a realtà spesso destrutturate, condividendo con bambini e allenatori la nostra filosofia. Non perché sia migliore a prescindere, ma perché sappiamo che nel tempo darà i suoi frutti, facendo imparare e divertire.

Qui a Teheran l’approccio allo sport e le differenze culturali si fanno sentire più che altrove: trasmettere la nostra impostazione e trovare il punto di incontro è un esercizio stimolante anche se a volte complesso. Non è un problema di lingua: i gesti, le espressioni e il campo ci aiutano, insieme ai traduttori che esprimono al meglio i vocaboli più tecnici.

Senza dubbio la sfida principale è riportare le corrette proporzioni tra allenatore e bambini: prima del nostro arrivo, un unico mister seguiva in campo un gruppo di 75 bambini. Nonostante la sua capacità di proporre esercitazioni varie, con coinvolgimento e buona intensità, a causa del numero di partecipanti era per lui praticamente impossibile instaurare un rapporto diretto con i ragazzi. Ancor più difficile era correggere i loro errori, parte fondamentale di ogni allenamento e della crescita dei bambini. Allora ne parliamo insieme, ci confrontiamo per far sì che l’attività sia davvero formativa: divisione in gruppi, atteggiamento vicino ai ragazzi e propositivo, obiettivo unico per ogni sessione. Non è facile cambiare una prassi consolidata, nonostante la buona volontà degli allenatori locali e la loro grande apertura all’ascolto. Intervalliamo la gestione dell’allenamento tra noi e loro per fare emergere le differenze e lavorare insieme su come migliorare. Ripartiamo consapevoli del grande lavoro che ci aspetterà nei prossimi mesi, da casa via email e per telefono, e poi di nuovo qui, in campo a Teheran. Ma il passo più difficile ormai è stato fatto.

01.10.2016

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