[IL VIAGGIO DI INTER CAMPUS CAMERUN]

Dal paradiso al purgatorio. Così potremmo definire la nostra ultima visita in Camerun. Accompagnati dall’insostituibile partner locale Francis Kammogne del Centro Sportivo Camerunese, legato al Centro di Orientamento Educativo della diocesi di Yaounde, iniziamo la nostra attività a Limbe, sul mare sottostante al monte Camerun. Si tratta di un vulcano addormentato, ma sempre attivo, la cui ultima colata lavica ormai fredda addirittura ostruisce la strada per arrivare alla nostra destinazione. Qui, trenta adulti e tanti bambini provenienti da tutto il Paese (da Garoua al nord a Mbalmayo al sud, da Kumbo all’ovest a Bertoua all’est) si radunano per dieci giorni di corso di formazione e vacanza. Per molti dei partecipanti significa la prima uscita lontano dal villaggio, nonchè la prima occasione per vedere il mare. I nostri allenatori Davide e Silvio formano gli allenatori locali attraverso la consueta metodologia Inter Campus che prevede l’uso del gioco come strumento principale per la crescita integrale della personalità dei bambini. Tre giornate intense di teoria e pratica che si concludono con un momento di festa insieme ai giovani volontari del Centro Sportivo Italiano.

Il nostro viaggio prosegue verso Douala, dove lambientazione è motlo diversa: siamo infatti dentro le mura del carcere della città, la più grande del Paese, nonché principale porto. Nella prigione, ideata per mille persone, sono ospitati tremila detenuti. All’ingresso, dobbiamo lasciare i cellulari e le macchine fotografiche. Il nostro corso di formazione coinvolge trentaquattro detenuti adulti che in carcere hanno costituito un’associazione sportiva e culturale. L’obiettivo è offrire loro strumenti teorici da utilizzare per la formazione sportiva ed educativa dei minori incarcerati nella stessa struttura, insieme all’aiuto degli educatori del CSC che vengono dall’esterno. La partecipazione di queste persone, di cui possiamo solo immaginare le storie, i drammi, le famiglie spezzate, è tanto attiva ed intensa da commuoverci. Capiamo che si tratta di un’occasione per dimostrare a sé stessi e agli altri la loro dignità e voglia di ricominciare. Alla fine dell’attività, organizzano un piccolo torneo con i minori carcerati, nell’unico cortile della prigione, sgomberato per l’occasione dalle attività che vi si tengono ogni giorno (chi cucina, chi gioca a carte, chi prega, chi attrezza una piccola attività da barbiere). Tutti i detenuti partecipano con allegria attorno alla partita, tifando ed incitando i giocatori. Per loro la prigione trasformata in stadio ‘indoor’ è uno spettacolo insolito e gioioso. Alla fine, consegniamo un certificato di partecipazione agli adulti e del sapone (utilissimo per il rischio di scabbia) a tutti i partecipanti, che ci salutano chiedendo di non dimenticarli. E noi non lo faremo, possono starne certi.

05.08.2016

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