RIO DE JANEIRO – Crescere è un lavoro difficile, come ogni momento di passaggio. Si tratta di preservare, valorizzando, la propria personalità, ma anche di assumersi responsabilità nuove nel mondo dei grandi. Il Brasile, in questo senso, è nel pieno della pubertà: ha già un carattere forte, ma ancora l’apparecchio ai denti, segno di chi è consapevole che sacrificarsi significa essere più belli domani. Il fermento è tangibile, senza alcuna distinzione sociale. Nonostante l’estensione del territorio, che in modo un po’acerbo ha ospitato i mondiali pochi mesi fa, l’identità nazionale attraversa il Paese a ritmo di samba e football bailado. I brasiliani hanno voglia di crescere senza perdere l’essenza del loro modo di essere, che li contraddistingue molto più delle spiagge di Copacabana o Ipanema. Entrare nella favela significa spalancare la finestra e vedere il Brasile senza filtro verdeoro, per quello che è davvero. L’allegria caotica, l’intraprendenza, il coraggio che riempiono le vie sporche e piene di dossi delle Comunità, si scontrano con lotte interne per l’affermazione territoriale. Droga e armi sono le carie che il dentista deve curare, talvolta in modo doloroso.

Maré, area urbana periferica che da tanti anni vede Inter Campus protagonista in alcuni dei 17 distretti che la compongono, è l’emblema di come questo processo si stia sviluppando. Qui, come nei quartieri di Sao Goncalo o Cavalcante, portiamo avanti la nostra missione, adattandoci di volta in volta alle fasi storiche di un percorso ancora molto lungo. La prima volta che siamo arrivati, per esempio, ricordo che per accedere ai quartieri più poveri, bisognava evitare dei grossi pezzi di legno messi per strada, salire sul marciapiede con l’auto e tirare dentro gli specchietti retrovisori per passare tra un muro bianco e un palo della luce. Quei tronchi segnavano il confine virtuale con lo stato, che, in una sorta di tacito accordo, raramente si spingeva oltre. All’interno delle comunità, la vita si svolgeva attraverso piccole iniziative imprenditoriali e attività di commercio estremamente varie. Oggi i tronchi sono stati rimossi: la delegazione affronta un posto di blocco che, di nuovo, ci costringe a una chicane, ma questa volta tra i birilli arancioni disposti dall’esercito lungo la strada. La polizia si sta inserendo poco a poco anche dove prima non riusciva, sintomo di un cambiamento, ma ancora non di sicurezza. L’ingresso delle forze dell’ordine in queste aree scuote dal torpore chi da molto tempo maschera le proprie attività clandestine dietro una calma apparente. Gli scontri, soprattutto nelle primissime ore del mattino, sono frequenti.

Cambiare fa paura, ma la voglia di ballare e giocare a calcio non ha abbandonato gli animi! Tecnici e organizzativi nerazzuri, sono attori non protagonisti di una scena che vede sul palco i bambini, al centro di una grande opera di ristrutturazione sociale che parte dall’interno. Non è un caso che i primi interventi della prefettura, siano spesso destinati ai campi di calcio, centro nevralgico di ciascuna comunità. E allora ancora di più, il rettangolo verde diventa luogo di crescita e scambio di esperienze, le maglie uno strumento di dialogo, e gli allenatori maestri di vita.

Mai come ora la voglia di cambiamento è concreta e passa attraverso il calcio, vuoi per la passione verso questo gioco o per il recente 1-7, subito dalla Selecao a casa propria, durante un Mondiale da vincere finito malamente, contro avversari così diversi per mentalità e storia. La sconfitta contro la Germania, che ha portato all’eliminazione del Brasile nella semifinale, resta una ferita aperta da cui ripartire, con una nuova filosofia di collaborazione dentro e fuori dal campo. Le diverse reazioni per la sconfitta subita, ci fanno parlare con allenatori oggettivi, adulti in cerca di alibi (il solito arbitro..) o bambini in cerca di campioni, tutti allo stesso modo sportivamente disperati e desiderosi di rivincita. Inter Campus continua il proprio lavoro, con qualche idolo in meno a cui ispirarsi, ma una nuova apertura verso un futuro di squadra. Siamo al momento giusto, nel posto giusto.

12.12.2014

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